domenica 12 aprile 2020

Gabrielli: «Siamo tutti figli di Henze»




«Siamo tutti figli di Henze» mi ha detto Angelo Gabrielli di Stage Door, mentre lo intervistavo per il Wanderersite (leggi qui). Argomento, il Don Pasquale “ridotto” che Gabrielli avrebbe già mandato in scena tra Modena, Carpi e Bologna con i “suoi” bambini se non ci fosse stata questa tragedia del virus. Una frase molto vera e densa di significati. Tanto per cominciare, autobiografici: Gabrielli, oltre che agente, è anche musicista, con trascorsi proprio nella Montepulciano dove Henze fu anima del Cantiere e allestì la sua celebre opera per bambini Pollicino, con libretto di Giuseppe di Leva.




Non solo. Irresistibilmente, Gabrielli (nella foto qui sopra, mentre dirige una baby-Cenerentola per il suo festival AppenninoIncanto) non poteva non richiamare una splendida pagina, proprio sul Pollicino, di quello straordinario libro di Hans Werner Henze che è Canti di viaggio, pubblicato da il Saggiatore e arricchito dalle cure di Lidia Bramani:


«Il grande salto in avanti nella vita artistica della gioventù poliziana si verificò con la preparazione, durata mesi, e la prima del Pollicino, che si tenne il 2 agosto del 1980. Nell’autunno dell’anno precedente i bambini del Concentus mi avevano chiesto con insistenza che scrivessi un’opera per loro. Avevo risposto di sì, è ovvio: rappresentava la possibilità di intensificare il corso di studi dei ragazzi e indirizzarlo verso uno scopo concreto, la prova del fuoco di uno spettacolo teatrale aperto al pubblico. Così dovetti scrivere una musica semplice, educativa e didattica, per bambini che avevano appena iniziato a leggere le note e che al momento riuscivano a produrre solo qualche suono, secondo il metodo Orff, con i loro flauti dolci e altri strumenti. Sorprendentemente, si rivelò un grandissimo divertimento scrivere musica per una situazione così limitata. Non era semplice comporre una musica che doveva essere sempre di facile realizzazione. Composi anche una parte per pianoforte e un assolo per violino, destinati ad allievi progrediti o a qualcuno degli insegnanti: in quei casi si affaccia la vera personalità del compositore, prima che l’aria riecheggi di nuovo del suono fragile e lamentoso dei flauti e dei rumori prodotti dagli strumenti di Orff. Dopo l’esito positivo della rappresentazione del Pollicino vidi davvero concluso il mio compito: ora c’era musica nella cittadina, c’erano musicisti…bambini che volevano e sapevano cantare! Parteciparono allo spettacolo in più di settanta, quasi tutti sono rimasti in qualche modo legati alla musica o al teatro, come minimo hanno continuato a occuparsi di attività artistiche […]».

E ancora Henze, più avanti: 

«Quanta musicalità vive nell’animo fanciullesco degli insegnanti e nei cuori estremamente maturi dei bambini! In questi ultimi si trova più saggezza e anarchia».

Ecco, tutto per questo per dire e ridire, per l’ennesima volta, che tu non puoi chiamarla solo “opera per bambini”.


Tanto vi dovevo. Buona Pasqua.



sabato 29 febbraio 2020

Aspettando OperaCrime e Appennino InCanto



«Alla ventiquattresima edizione, conta ben 138 alzate di sipario. E con questi numeri, con questo potere di impatto e qualità, non si può più chiamare solo opera per i bambini».

Così Carla Moreni, critico musicale acuminato, sul penultimo “domenicale” de Il Sole 24 Ore, coglieva quello che, anche secondo me, è il punto. Recensiva, la Moreni, il Rigoletto in versione ridotta, per bambini, di Opera Education, «la più autentica scuola di teatro in Italia». E ne approfittava per fare un paragone, in quanto a matura consapevolezza, tra il pubblico della baby platea e quello della Scala, che in quegli stessi giorni mandava in scena il Trovatore. Provate un po’ a indovinare chi ha “vinto”, nella considerazione della Moreni, tra «gli spettatori mignon», che, «manco fossero temprati loggionisti, sanno esattamente a chi riservare battimani e “bravoooo” in crescendo», e i loro colleghi adulti del Piermarini, che hanno già «cappotto e cappello indosso mentre sfilano per i ringraziamenti il Conte di Luna, Leonora e Manrico»...



Ripesco volentieri queste poche righe. Mi sono tornate alla mente in questi giorni snervanti, in cui alta è la speranza di tornare presto ai teatri riaperti. Quando ciò accadrà, il vostro Titolare vi darà conto di un paio di cosette, non appena saranno definiti in modo certo calendari e programmazioni.



La prima: venerdì 21 febbraio ho assistito, al Teatro Sociale di Como, alla “prima” di OperaCrime, l’atteso spettacolo ispirato a Rigoletto che Opera Education di Aslico ha affidato alle cure del compositore Enrico Melozzi. Si tratta di un esperimento (secondo me molto divertente e riuscito, lo anticipo) rivolto alla fascia di età 14-30 anni, sicuramente la più difficile da conquistare al teatro d’opera (vedi foto in alto).



La seconda: ho fatto una lunga chiacchierata con Angelo Gabrielli (vedi foto in basso), uno che non ha bisogno, credo, di molte presentazioni. Mi ha parlato della sua favolosa “semina” musicale tra Appennino e pianura modenesi, e in particolare del suo ultimo progetto per i bambini, una riduzione del Don Pasquale di Donizetti che si avvale, come supporto didattico, di un delizioso libro scritto da Cristina Bersanelli e illustrato da Patrizia Barbieri (vedi, qui sopra, la copertina, e qui sotto Gabrielli). Andrà in scena, a Dio piacendo, al Comunale di Modena, a Carpi, e anche al "Duse" di Bologna.



A presto, spero.

P.S.

Sul Wanderersite (leggi qui) ho presentato il prossimo Donizetti Opera. Due produzioni saranno firmate da giovani registi che proprio con l’Opera per i bambini han fatto faville: il cubano Luis Ernesto Do
ñas e il comasco Davide Marranchelli. Il primo si era distinto proprio al festival orobico con la donizettiana Rita, anche in una versione che ha viaggiato per le scuole bergamasche e che ha coinvolto molti studenti grazie all'alternanza scuola/lavoro; del secondo avevo scritto su questo blog a proposito di un Elisir d’amore per ragazzi con Aslico/Opera Domani: «Non si può più chiamare solo opera per i bambini...».