lunedì 9 dicembre 2019

L'orgoglio di Pereira e Meyer: l'Opera per i bambini



Alexander Pereira e Dominique Meyer hanno un comune orgoglio: l’Opera per bambini. Non lo dico io, lo dicono loro. Pereira, sovrintendente uscente dalla Scala (ed entrante al Maggio fiorentino), è stato intervistato da Pierluigi Panza sul Corriere della Sera di oggi: alla domanda su quale sia stato il suo maggiore orgoglio testualmente risponde che «abbiamo svegliato la città, fatto il progetto di opera per i piccoli che ha portato 380 mila bambini, aumentato il numero di persone venute a teatro…» (vedi, sotto, la foto dell'Elisir per bambini Brescia/Amisano/Scala)




Parole speculari a quelle pronunciate a inizio ottobre da Meyer, che alla Scala invece è sovrintendente entrante. A Fiorella Minervino, che lo intervistava per La Stampa, disse che di una cosa andava fiero, ripensando a mo’ di consuntivo al suo periodo viennese ormai agli sgoccioli: «Essermi occupato parecchio dei bambini. Abbiamo un piccolo teatro con 60 recite annue di un’ora circa e libretti adatti. Non si può parlare sempre di futuro e non coinvolgerli, ai compositori chiediamo ruoli di bimbi nell’opera».






Pereira, intanto, in riva all’Arno porta l’esperienza scaligera delle Grandi Opere per i piccoli. Sono state annunciate, nei giorni scorsi, sei recite dello stesso Elisir d’amore donizettiano con la regia di Grisha Asagaroff che ha incantato il pubblico dei più piccoli alla Scala la scorsa stagione: solo che le scene deliziose di Luigi Perego (vedi sotto la foto di Brescia/Amisano/Teatro alla Scala) saranno modificate: il tram non arriverà più, comprensibilmente, di fronte alla Scala ma di fronte alla Basilica di Santa Maria del Fiore. Questo Elisir andrà ad aggiungersi alla già abbondante produzione per bambini in loco curata da Venti Lucenti.

Sarà interessante capire cosa farà Meyer alla Scala. Troverà un terreno arato, questo è sicuro (Pereira a parte, il Piermarini cominciò a fare opere per bambini negli anni Ottanta, con cartelloni bellissimi sponsorizzati dall’Eni, e del resto funziona da decenni a mille all'ora il Servizio di Promozione Culturale), ma costruito sulla base di “riduzioni” di opere del repertorio tradizionale. Meyer alla Staatsoper di Vienna faceva altro. Tra la sala principale, la Grosses Haus, e l’Agrana Studiobühne (il «piccolo teatro» di cui ha parlato alla Stampa), il sovrintendente scaligero prossimo venturo ha allestito stagioni dal sapore contemporaneo: il cartellone di quest’anno, per fare un esempio, comprende due riprese come Cinderella della baby-fenomena Alma Deutscher (la strepitosa compositrice e violinista 14enne) e Pünktchen un Anton di Ivan Eröd, e una prima assoluta: Persinette di Albin Fries, al debutto il 21 dicembre (vedi sopra l'immagine della locandina). E poi c’è anche una “riduzione”, sì, con l’ormai tradizionale, festosa ripresa del Flauto Magico mozartiano con le scene di Yannis Kokkos:



Si creerà, così, il pubblico del futuro (classica domanda delle cento pistole, direbbe Sandro Paternostro)? Pereira è sempre stato convinto di sì. Lo disse anche a me, quando lo intervistai per Metro (leggi qui), e del resto non c’è un teatro, oggi in Italia, che non dissodi il campo fertile dei più piccoli con iniziative “educational” variamente declinate. L’esperienza di Aslico-Opera Domani, la più longeva, attorniata dalla produzione di “concorrenti” come Europa InCanto o Venti Lucenti, aiuta poi a comporre un quadro vasto a livello nazionale. Circa l’efficacia di tutte queste iniziative nel creare il "pubblico di domani" c’è solo da incrociare le dita. Un effetto positivo, ad ogni modo, l'hanno di sicuro, e del resto sono necessarie come il pane: la scuola, dopo la terza media, non fa nulla, e questo è gravissimo.

Gli esperti paiono talvolta divisi. All’ottimismo di un grande didatta come Carlo Delfrati, che del progetto di Opera Domani è stato curatore fin dai primordi, fa da contraltare lo scetticismo di un critico come Giorgio Pestelli, che su La Stampa dell’ottobre 2018, recensendo il Trovatore che aveva inaugurato il Regio di Torino, scrisse: «Si parla di un invito ai giovani, ma come il melodramma più tradizionale possa attirarli resta una sfida di prima categoria (io da giovane detestavo l’opera)».






sabato 23 novembre 2019

Il musical con i bambini di Mitzi Amoroso: che Cenerentola!




Qualche volta, si sa, noi giornalisti scriviamo sulla fiducia. È successo anche a me la settimana scorsa, intervistando, su Metro di lunedì 18 novembre (leggi qui), Mitzi Amoroso (sotto, la foto di Andrea Polo). Conoscevo la sua storia di cantautrice, poi di fondatrice delle “Mele Verdi” e di vincitrice di Zecchini e Ambrogini d’oro, sapevo anche, e soprattutto, della sigla di Barbapapà fatta con Roberto Vecchioni. Non avevo mai toccato con mano, però, il suo ultimo capolavoro, di cui pure mi accingevo a scrivere: il musical che la grande Mitzi allestisce con i bambini al “Teatro” Wagner, una confortevole e accogliente sala parrocchiale da duecento posti nell’omonima piazza milanese. La signora Mitzi mi pregava, quasi mi supplicava, concedendomi l’intervista: «Sì, d’accordo. Lei però venga a vedere lo spettacolo, me lo prometta!».




L’ho fatto. Promessa mantenuta. Ma questa non è una recensione, una di quelle che Mitzi, come d’ora in avanti, amichevolmente, la chiamerò, pur avendole sempre dato del lei, vorrebbe («In tanti scrivono dei miei spettacoli, ma vorrei tanto che qualcuno li recensisse!»): è solo un resoconto stupefatto. E voglio anticipare il succo: si tratta di uno spettacolo straordinario, diresti professionale, pur calato nella semplicità, nella povertà di mezzi di una saletta parrocchiale. Una messa in scena spartana, però, che ingigantisce ancora più le qualità intrinseche del lavoro, ossia una cura della recitazione strepitosa, coinvolgente, esilarante, e una qualità delle canzoni, e della loro interpretazione, da grande show, che dal primo all’ultimo minuto immagineresti ideale per la televisione. Per la grande televisione. O per il grande teatro musicale dotato di sofisticati mezzi. Uno spettacolo esaltante e commovente.



Anzitutto ricapitoliamo i fondamentali. Mitzi prende un gruppo di ragazzini, età 7-10 e rotti anni, a novembre. Per quasi un anno, un giorno alla settimana, li istruisce. Sono bambini “qualsiasi”, non sono fenomeni predestinati: «Non li scelgo né li seleziono, sia chiaro», precisa. A questi bambini, a questo “materiale umano” (perdonate l’espressione) disomogeneo per caratteri, talenti, personalità, timidezze, lei insegna a recitare e a cantare nello spettacolo di cui lei stessa scrive la sceneggiatura, e Paolo Peroni (che poi è suo figlio, di professione avvocato al Foro di Milano: vedi foto sotto, di Andrea Polo) la musica.



In questo caso si trattava di Chi ha paura della paura?, ossia una rivisitazione di Cenerentola in chiave ancora più comica e leggera. Con qualche contaminazione e qualche libertà. Il principe del ballo è un giuggiolone che pensa solo alle macchinine, e per cui la madre, la regina, dispera di poter trovare una sposa che le dia l’agognato nipotino erede al trono. Ci sono un paio di prestiti: il nano Cucciolo, che fa da voce narrante, una sorta di trait d’union delle varie scene, lo specchio di Biancaneve che quasi si giustifica per aver sbagliato fiaba, e poi gattini, la leprotta, un messaggero stanco…La paura del titolo è il sentimento negativo che Cenerentola deve vincere per decidersi ad andare al ballo dove il principe sceglierà la sua metà. Ma è, in generale, un invito ai bambini «a stringere in mano la propria vita, cominciando a vincere la paura del palcoscenico», come dice Mitzi.

La sala, sabato pomeriggio 23 novembre, era colma, il pubblico entusiasta. «Questo è uno spettacolo senza pretese, ma non è una recita scolastica di fine anno», mi dice Mitzi. Ha ragione, come negarlo? Gli adulti piangono commossi, a grappoli. Non è un’emozione scontata, ma indotta dalla recitazione disinvolta dei bambini, dall’intensità emotiva delle canzoni, davvero bellissime, che i piccoli interpreti cantano in playback (dopo averle incise loro stessi, beninteso).



Ora però questo piccolo, straordinario lavoro sta finendo la sua vita sulle assi del palcoscenico (domenica 24 novembre ore 16 ultima recita della produzione), dopo essere andato in scena per tre weekend consecutivi e aver aiutato Mitzi a raccogliere dei bei soldini per I Sempre Vivi, un’associazione di sostegno ai malati psichici. Mitzi ha un velo di tristezza: «I bambini si divertono un mondo, sono di una bravura emozionante, se fosse solo per loro continuerebbero chissà quanto…e vorrei che uno sponsor mi aiutasse a portare questa produzione su palcoscenici più grandi. Ma ho già in mente il prossimo spettacolo su cui lavorare, per cui sono già cominciate le iscrizioni: sarà su Pollicino e Pollicina e un orco per niente malvagio…».

Hanno fatto una ripresa video, però. Qualcosa resterà. Soprattutto restano, registrate, le canzoni bellissime di Peroni, cantate in modo luminoso e sicuro da questi bambini. Non più bambini “qualsiasi”. Ma artisti senza paura.
E scusate se per una volta non ho parlato di Opera.


sabato 20 luglio 2019

Opera per bambini, ancora numeri. E occhio ad Appennino InCanto


Venerdì 19 luglio sono tornato a occuparmi di teatro d'Opera per bambini, stavolta per Metro (leggi qui l'articolo). Dopo la pubblicazione dell'Annuario SIAE dello Spettacolo in Italia nel 2018, che per la prima volta ha censito tre opere per bambini nella top ten degli spettacoli "lirici" più visti in Italia, avevo promesso che sarei tornato sull'argomento: all'appello mancava ancora tantissima roba, infatti, a cominciare dall'esperienza di Aslico-Opera Domani, quella più antica, in Italia (esiste da quasi un quarto di secolo, con numeri da paura), che non è stata considerata dal censimento solo perché, avendo sparpagliato le sue produzioni per una moltitudine di teatri, è uscita dal criterio-griglia adottato dalla SIAE, che è quello dello spettacolo "unico".




Tant'è. Mi dispiace, piuttosto, di non aver potuto dare conto di una serie di altre iniziative, le quali, pur essendo "locali", sono riuscite a trascendere l'ambito circoscritto di origine per assurgere a più alte vette. La prima, in questo senso, è quella messa in moto, ormai da qualche anno, da Angelo Gabrielli, celebre agente (Stage Door), ma anche musicista e appassionato divulgatore (la foto in apertura è di un "suo" Barbiere di Siviglia al Comunale di Modena: vedi anche foto a pie' di pagina).





Voglio qui riportare, di Gabrielli (vedi foto sopra), alcune righe da lui scritte su Facebook a commento del mio articolo:

Noi di Appennino inCanto abbiamo iniziato la nostra attività con le scuole, solo tre anni fa, con Cenerentola per una sola recita a Modena (teatro esaurito),poi Barbiere nel 2018 (tre recite) e quest'anno Elisir (cinque recite, sempre tutte esaurite fra Modena e Carpi). Il nostro scopo principale era quello di avvicinare alla lirica i bambini e le popolazioni dell appennino modenese distanti più di 90 minuti da Modena. Dallo scorso anno anche le scuole di Modena e Carpi hanno chiesto di partecipare.






Nella parte didattica sono state coinvolte Cristina Bersanelli, una celebrità e una garanzia nell'editoria musicale rivolta ai più giovani, e l'Orchestra Senza Spine di Bologna. Il prossimo progetto di Gabrielli è un Don Pasquale, che andrà in scena nel febbraio 2020 a Modena, Carpi e proprio Bologna.

Vi terrò informati.

La Bersanelli è impegnata anche in un progetto al "Coccia" di Novara. Arriverò anche lì, a dio piacendo.

giovedì 11 luglio 2019

L'Opera per bambini entra nell'Annuario Siae 2018




Mercoledì 10 luglio la Siae, a Roma, ha presentato l'Annuario dello spettacolo 2018: una sintesi censuaria degli spettacoli da gennaio 2018 al febbraio 2019.

Per quel che riguarda il teatro, e in particolare il teatro musicale, entro subito in medias res citando testalmente presidente e direttore generale della Siae, ovvero Giulio Rapetti in arte Mogol e Gaetano Blandini:

Bene l’attività teatrale, cresciuta del 2,84% come spesa del pubblico, con gli ingressi in leggera crescita rispetto al 2017 (+0,87%). In particolare ottima la performance della lirica con indicatori tutti positivi (spesa del pubblico +4,73% e ingressi + 3,28%), oltre alla bella notizia della comparsa nella Top Ten 2018 per ingressi, per la prima volta, di tre allestimenti dedicati ad un pubblico decisamente più giovane: “Il gatto con gli stivali” presso il Teatro Petruzzelli di Bari, ”Aida” presso il Teatro San Carlo di Napoli e “Il barbiere di Siviglia per i bambini” al Teatro Alla Scala di Milano.

Questi i dati, con numero delle recite e degli ingressi:


Approfondirò senz'altro (fatto: leggi l'aggiornamento a pie' pagina) i criteri seguiti nel censire gli spettacoli operistici per bambini: all'elenco, solo per fare un esempio, mancano le recite dell'Elisir d'amore donizettiano della serie "Grandi spettacoli per i piccoli" andato in scena al Teatro alla Scala durante il periodo considerato dalla ricerca (leggi qui la recensione che scrissi nel dicembre 2018). Sottolineo poi che lo spettacolo del San Carlo è realizzato da Europa InCanto, sorta di "risposta" centroitaliana (guidata da Nunzia Nigro) all'Aslico, della cui Opera Domani sono però assenti i dati. L'esultanza sui social di Europa InCanto? Eccola:



Il solo fatto che la Siae abbia avuto per la prima volta un occhio di riguardo per il settore delle opere per bambini, è di per sé un riconoscimento per l'importanza che il "genere" sta assumendo in Italia sotto il profilo produttivo.



Voglio ricordare, infine, che nelle settimane scorse era stata la SLC CGIL, nel tentativo di sostenere la "rielezione" di Alexander Pereira alla guida della Scala (come poi siano andate le cose si sa), a sottolineare i meriti del sovrintendente viennese proprio pigiando sul tasto dell'enorme successo delle opere per bambini: quelle messe in scena al Piermarini, su suo progetto, a partire dal 2014. Il comunicato sindacale recitava:

In questi anni il Teatro alla Scala ha attuato un modello produttivo virtuoso che pensiamo debba essere confermato e sviluppato poiché ha determinato un aumento del numero di spettacoli e di alzate di sipario e l'apertura a tutta la cittadinanza (compresi i bambini delle scuole milanesi)...

Per dire, eh.

Alla prossima.

AGGIORNAMENTO ore 15.15 del 12 luglio:
Come promesso ho sentito la SIAE. Ho chiesto: come mai ci sono gli ingressi di Europa InCanto e non, per esempio, di Opera Domani di Aslico? Come mai ci sono solo i dati degli ingressi di quelle tre opere citate, ossia il Barbiere della Scala, Il gatto con gli stivali del Petruzzelli e, appunto, l'Aida di Europa InCanto al San Carlo di Napoli?

Risposta della SIAE: non è stata fatta alcuna "scelta". Semplicemente, si tratta di una raccolta censuaria di dati oggettivi (gli INGRESSI sono dati dallo sbigliettamento ufficiale). Nel periodo considerato, per la prima volta, nella top ten degli spettacoli d'opera italiani sono entrate tre opere "per bambini". E questo è quanto. Anche se pare strano: le opere per bambini dell'Aslico, a occhio e croce, non sembrano affatto smuovere masse di pubblico meno significative di quelle dei tre allestimenti citati. Ma tant'è...Ho l'impressione che se ne riparlerà ancora.

sabato 8 giugno 2019

Kinkaleri a Brescia: una Butterfly dai 6 ai 99 anni (che piace al Maggio)




Stroncata dal fiasco alla Scala il 17 febbraio 1904, la Madama Butterfly di Puccini conobbe il trionfo poco più tardi, il 28 maggio a Brescia. E proprio a Brescia, quasi esattamente 115 anni dopo, ossia ieri, sabato 8 giugno, sono andato a gustarmi una Butterfly. Non al teatro Grande, bensì in quella meraviglia del Teatro Mina Mezzadri di Contrada Santa Chiara, una sala con affreschi settecenteschi sul soffitto. E non una Butterfly “vera”, ma una sua riduzione, una sua libera rielaborazione concepita da Massimo Conti, Marco Mazzoni e Gina Monaco per la loro compagnia, la Kinkaleri di Prato-Firenze.




L’occasione era offerta dalla Festa dell’Opera che ha invaso la Leonessa dall’alba alla mezzanotte con una miriade di eventi. Lodevole e riuscita iniziativa, capace di impreziosire ancor più una città-gioiello. La produzione non era nuova, ma tant’è: il vostro Titolare è un diesel, e quando arriva, arriva. La Kinkaleri aveva già prodotto I love you Tosca e Nessun dorma, rielaborazioni, rispettivamente, di Tosca e Turandot, peraltro già sbarcate sia a Brescia che a Milano e Torino durante le passate edizioni di MiTo Settembre Musica.



Spettacoli per bambini? Sì, ma insomma bisogna intendersi. Mazzoni, col quale ho piacevolmente conversato a fine spettacolo, mi ha detto che queste produzioni sono adatte «dai sei ai 99 anni», un po’ come il Monopoli, che loro le hanno concepite sì per il pubblico delle scuole (dove continuano a spopolare, letteralmente), quindi con intenti divulgativi ed educativi, ma che il tipo di impegno non è affatto diverso da quello che questa compagnia di teatro-danza profonde in qualsiasi altro spettacolo. E si vede. E si tocca con mano. Assieme alle due succitate rielaborazioni pucciniane, questa Butterfly appartiene, continua Mazzoni, «a una trilogia che noi intendiamo conclusa», nel senso che con la divulgazione “per ragazzini” la Kinkaleri finisce qui, anche per non farsi etichettare e incasellare un po’ troppo rigidamente nei confini del teatro didattico.



Ma che tipo di spettacolo è? Taglio corto e giungo al punto, anche perché questa Butterfly si trova integralmente su Vimeo (clicca qui), liberamente fruibile. Dirò solo che la sala del “Mina Mezzadri”, pur contenuta, era piena, sia al primo che al secondo spettacolo (durata 50 minuti). Pochissimi i bambini in sala, e applausi scroscianti alla fine. Di didascalico o infantile non c’è nulla. In scena sono presenti due soli attori: Mazzoni, che fa Pinkerton, Sharpless e Suzuki, e la brava YanMei Yang, che canta “live” da soprano nel ruolo del titolo, mentre tutto il resto della musica proviene da basi registrate.

La delicata, struggente e tragica vicenda di Cio-Cio-San (ragazza giapponese sedotta e abbandonata da un rozzo yankee, che non le risparmia l’atroce umiliazione di presentarsi al suo cospetto con la “vera” moglie americana e il devastante dolore di sottrarle il loro figlioletto per riportarselo in America), è resa senza sconti. Harakiri finale compreso. Tutto è compatto e fantasioso, con l’aggiunta di una bambina scelta tra il pubblico per una piccola parte improvvisata, ma guidata, di messaggera (deve dire a Cio-Cio-San che Pinkerton è finalmente arrivato, sì, ma non è solo...). Manca invece il coinvolgimento di un bambino nel finale tragico. Sorprendente, illuminante, la soluzione per le scene, “costruite” con nastro adesivo e una proiezione capace di trasformare il pavimento del palcoscenico in fondale.



Tutto talmente funzionale, e al contempo rispettoso, rivelatore, da far sorgere una domanda: ma tutto ciò non potrebbe riversarsi in un allestimento “vero”? La risposta di Mazzoni è stata, anzitutto, che questa produzione è ideale per i teatri grandi, come il Grande di Brescia, appunto, dove peraltro è già stata allestita. Quanto ad adattarsi a essere riversata in un “vero” allestimento, «siamo stati contattati dal Maggio Fiorentino, col quale abbiamo ragionato sulla possibilità di fare una Butterfly per ensemble. Ma non se ne è fatto nulla, per lo meno non ancora…». Parere personale: meriterebbe assai.

(Le foto dell'articolo sono tratte da www.kinkaleri.it, tranne le due foto del Teatro Mina Mezzadri, scattate da Sergio Rizza)

mercoledì 24 aprile 2019

Valtinoni e Madron: i numeri del loro successo




Oggi su Metro ho pubblicato un servizio su Pierangelo Valtinoni, compositore, e Paolo Madron, giornalista-librettista (leggi qui). Ho raccolto il loro sfogo su un punto: all’estero siamo un crac, in Italia non ci danno retta. Be’, per la verità, profeti in patria almeno un poco lo sono: i due vicentini devono molto, per esempio, al Festival Opera Estate di Bassano del Grappa, che negli anni ha messo in scena il loro Pinocchio, La regina delle nevi e Il mago di Oz. Anche il Comunale di Vicenza e l’Orchestra “Verdi” di Milano hanno rappresentato loro opere, ed è successo in entrambi i casi con stessa La regina delle nevi (alla “Verdi” in forma di concerto). L’inizio dell’avventura ebbe luogo sempre a Vicenza, nel 2001, ma nel glorioso teatro Olimpico, che ospitò il primissimo Pinocchio, allora nella versione in un atto solo.



Moltissimo devono, poi, Valtinoni e Madron, al Teatro Regio di Torino, l’unico dei grandi “enti lirici” italiani che abbia fatto una propria produzione di una loro opera. E di grandissimo successo, peraltro. Si tratta del Pinocchio che, con la regia di Luca Valentino, le animazioni dei pupazzi ideate da Claudio Cinelli, i solisti e il Coro di voci bianche del Regio e del Conservatorio “G. Verdi”, i giovani cantanti di Opera Assieme, l’orchestra dell’istituzione diretta dal maestro Giulio Laguzzi, è stato ripreso lo scorso marzo con un successone da tutto esaurito (va in scena a Torino dal 2010/2011).



Stando a quanto mi risulta, il Regio potrebbe proporre, la prossima stagione, anche Il mago di Oz. Si attendono conferme. Per saperlo, bisogna aspettare il 3 giugno, quando sarà presentato il prossimo cartellone.

Intanto vale la pena di vedere da vicino i numeri del successo internazionale della premiata ditta Valtinoni-Madron.



Dai documenti che ho in mano, le cifre («per difetto!», mi ammonisce bonariamente Valtinoni) raccontano che le rappresentazioni delle loro opere sono state centinaia, fino ad ora, per decine e decine di produzioni diverse, e traduzioni in inglese, svedese, tedesco, spagnolo, russo, coreano, e avanti così:

1)    Il Pinocchio ha avuto «almeno» 172 recite, dal 2001 ad oggi, da Vicenza al Daejeon Center in Corea del Sud, da Tulsa in Oklahoma al Petrovski di Mosca, da Lipsia, Amburgo, Monaco di Baviera al Teatro della Zarzuela di Madrid, dalla Komische Oper di Berlino (che ospitò nel 2006 la “prima” di Pinocchio nell’attuale e definitiva versione in due atti) allo Shatin Town Auditorium di Hong Kong;

2)     La regina delle nevi, da Andersen, ha avuto almeno 74 rappresentazioni, dalla Komische Oper di Berlino dove fu “creata” ad Amburgo, Dreda, Tulsa;

3) Il mago di Oz, dopo il debutto alla Opernhaus di Zurigo, di rappresentazioni ne ha avute almeno 60, e anche qui vai con Berlino, Erfurt, Bassano (e Pordenone).

Insomma, niente male come successo, no? Buona Liberazione a tutti voi. Ci risentiamo presto, con qualche altra novità sulle opere per bambini che ho in canna ma che non posso ancora sparare.





venerdì 19 aprile 2019

E' il momento di Pinocchio: Arcà, Valtinoni-Madron, Ronchetti, Furlani (con Elio)





Il Pinocchio di Collodi è sempre sulla cresta dell'onda. Sennò che best seller sarebbe? Di recente, per il wanderersite.com (leggi qui), ho intervistato Paolo Arcà (foto sopra): romano, 59 anni, già direttore artistico della Scala (attualmente lo è della milanese Società del Quartetto), Arcà è tornato alla sua originaria vocazione, quella di compositore, scrivendo un "Ciao Pinocchio" su commissione del Petruzzelli di Bari: andrà in scena per quasi trenta repliche da metà maggio.




In questi stessi giorni, il Corriere della Sera si occupa massicciamente dello stesso argomento: segno che il teatro musicale per bambini è fenomeno rilevante e meritevole di attenzione anche secondo il maggior quotidiano italiano. Giuseppina Manin, sul numero del 10 aprile (vedi foto sopra), dà conto, anche lei, dell'opera di Arcà vicina al debutto. La Manin approfitta dell'occasione per citare, assai opportunamente, anche il Pinocchio di Valtinoni-Madron nell'allestimento del Regio di Torino (lo ha ripreso poche settimane fa con uno strepitoso successo: si tratta, del resto, di un autentico crac mondiale, da anni), quello di Lucia Ronchetti dell'Opera di Roma e quello cinematografico di Garrone-Benigni.





Ieri, venerdì 19, invece, il Corriere, ancora una volta negli Spettacoli nazionali, ha pubblicato una recensione di Enrico Girardi (vedi sopra) del Pinocchio interpretato dalla voce recitante di Elio e con l'orchestra "Verdi" di Milano. Non teatro musicale nel senso stretto. Ad ogni modo, musica di Paolo Furlani, definito da Girardi "il re indiscusso della musica per l'infanzia". Molto interessante ciò che, su un numero di qualche anno fa di Cose di Musica, Furlani disse ad Andrea Oddone Martin che lo intervistava: "Le opere per i ragazzi pare che siano rimaste l'unico 'terreno' in cui i teatri, i grandi teatri, hanno ancora il coraggio di impegnarsi in nuove commissioni. Questo dà un po' la misura della mancanza di coraggio che segna il nostro tempo, a dispetto delle epoche precedenti, nell'investire sugli intellettuali contemporanei. La nuove produzioni sono rarissime e paradossalmente vengono spesso premiate dalla critica e accompagnate da un discreto successo di pubblico. Poi però, come se niente fosse, si torna alla routine del più vieto repertorio operistico, ma...necessariamente con una bella regia ultramoderna!".

C'è di che meditare...

giovedì 18 aprile 2019

Pioggia di Elisir per bambini. E poi quello "popolare" di Fabio Cherstich a Palermo. Bilancio di una stagione




In questa stagione, la 2018/2019, c’è stata un’autentica abboffata di donizettiani Elisir d’amore per bambini o comunque divulgativi (foto sopra Franco Lannino/Teatro Massimo di Palermo). Sembra che si siano messi tutti d’accordo.

Dell’Elisir al Teatro alla Scala, “Grandi spettacoli per i piccoli”, ho già scritto su questo blog a fine dicembre, dunque non mi ripeterò (vedi anche la mia intervista per Metro al sovrintendente Alexander Pereira, leggi qui). 





Non mi ripeterò nemmeno sull’Elisir nelle sue diverse versioni (vedi foto sopra: Una fabbrica di idee, I tuoi baci sono un filtro etc etc) messe in campo da Opera Education di Aslico (parlo dell’intervista per Metro a Barbara Minghetti, leggi qui, e del pezzo ultimo scorso sul presente blog). Vorrei solo fare un sintetico elenco di altre prove:

1)   Il Teatro Regio di Torino ha programmato, attorno all’Elisir “dei grandi” andato in scena a novembre 2018, un Elisir per i più piccoli con l’adattamento del famoso giornalista Vittorio Sabadin. Dopo la versione per adolescenti, L’Elisir d’amore raccontato ai ragazzi, va ora in scena, al Piccolo Regio Puccini, dall’11 maggio prossimo, Dolceamaro e la pozione magica, per i bambini dai 3 ai 6 anni. Biglietti? Tutti esauriti.





2)   Nello scorso mese di marzo, Angelo Gabrielli, arcinoto agente della Stage Door (vedi le due foto sopra, con gli allievi di canto nella Casa Museo "Luciano Pavarotti" e durante le prove con i bambini) e instancabile divulgatore, ha messo in scena un Elisir che ha coinvolto 1300 studenti di elementari e medie di Modena, Sestola, Fanano, Carpi, Acquaria, Bomporto, Fossoli. Un progetto locale, certo (gli spettacoli si sono tenuti al Teatro Comunale di Modena e a quello di Carpi), ma merita una forte segnalazione per i numeri crescenti e l’ormai assodato radicamento, visto che segue La Cenerentola e il Barbiere di Siviglia delle passate stagioni. Solisti, dei debuttanti preparati in una masterclass curata da Gabrielli e da Valeria Esposito. Coristi sul palcoscenico, i bambini delle scuole debitamente preparati. Orchestra, la “Senzaspine” di Bologna, sul podio lo stesso Gabrielli alternatosi con Mirca Rosciani, allestimento di Davide Garattini Raimondi. In collaborazione con Appennino InCanto.



3)   A inizio stagione, settembre 2018, risale invece l’Elisir di Danisinni, ossia della versione (ridotta da Alberto Maniaci) del capolavoro donizettiano ambientata nello storico, popolare quartiere palermitano da Fabio Cherstich, il regista di OperaCamion, specializzato, meritoriamente, nel portare l’Opera ovunque, specie al pubblico “non privilegiato”. Credo che le foto che qui posto (di Fabio Lannino), e per le quali ringrazio il Teatro Massimo di Palermo, fautore dell’originale allestimento, parlino da sole. Per questo primo progetto di OperaCity, da ricordare quello che gli organizzatori hanno definito un elemento fondamentale, ossia il coro costituto dagli abitanti del quartiere istruiti da Manlio Messina.





Fabio Cherstich, da me interpellato tempo fa, mi ha detto: «Dall’esperienza di Operacamion ho imparato che il pubblico è molto ben disposto e curioso rispetto all’opera, un genere che possiamo intendere come una possibile forma di intrattenimento culturale di massa nel vero senso della parola capace di far tornare l’opera alle sue radici (almeno per il New York Times)». Obiettivo primario «mio e dei teatri che mi sostengono, non è sicuramente la creazione di nuovi abbonati ma il raggiungimento di un nuovo pubblico, eterogeneo e non elitario che ha dimostrato un calore e un interesse sempre crescenti».

giovedì 11 aprile 2019

L'Elisir d'amore per adolescenti: Opera it di Aslico


Questa mattina, all’auditorium di Piazza della Libertà a Bergamo, ho assistito all’Elisir d’amore donizettiano rivisitato e adattato da Opera Education di Aslico apposta per il pubblico delle scuole (www.operait.org). Lo spettacolo, L’elisir d’amore. I tuoi baci sono un filtro, è durato un’ora. Il pubblico era composto da diverse classi (un centinaio di alunni, all’incirca) provenienti da diversi istituti. Gli alunni che hanno assistito meramente come pubblico “passivo” venivano dalla bergamasca, dall’Istituto onnicomprensivo Bolgare, e appartenevano a classi dalla seconda media alla seconda superiore; gli alunni, invece, che hanno anche partecipato, sia sul palcoscenico che tra il pubblico, erano ragazze e ragazzi di terza e quarta superiore, del “Sereni” di Luino, un liceo delle scienze umane.



È stato uno spettacolo trascinante, fantasioso, mosso, forte del sostegno musicale garantito da Giorgio Martano, impeccabile al pianoforte, e da cantanti giovani ma sicuri, come Paola Leoci (Adina), Cristiano Amici (Nemorino), Gabriel Alexander Wernick (Belcore) e Lucas Moreira Cardoso (Dulcamara). Giannetta era l’attrice Alice Bignone. Uno spettacolo, mi è venuto da pensare, vero, piuttosto che una recita banalmente “scolastica”. Avrebbe quasi quasi meritato uno sbigliettamento. Le reazioni? I ragazzi all’inizio sembravano tiepidi: ma con la “Furtiva lagrima” si sono sciolti in un lungo applauso, e alla fine dello spettacolo volavano fischi come a un concerto rock.



Il format di Opera it è quello che si rivolge alla fascia degli adolescenti, «l’età più difficile», mi aveva detto, in una recente intervista per Metro, Barbara Minghetti, che dell’Aslico è la storica testa pensante e dirigente. Il regista Davide Marranchelli conferma: «È una trincea…ma se oggi ci hanno seguiti, per affetto e curiosità, anche nove ragazzi della quarta classe del Liceo Ciceri che già avevano recitato nelle recite di Como, vuol dire che la cosa “prende”».



Marranchelli ha 37 anni, è di Cantù, ha studiato alla “Paolo Grassi” di Milano, per Opera it ha già fatto Barbiere e Carmen, e racconta che rimase folgorato dall’Opera «quando avevo 25 anni: facevo il figurante al Sociale di Como per una Sonnambula, e vedevo cantare di fianco a me Jessica Pratt, mi sembrò un sogno».

E un sogno è la regia di questo Elisir: tutto è amore, tutti sono matti per amore: e malati. L’ambientazione è in una clinica. Tra i pazienti ci sono Nemorino, Adina, Dulcamara. Belcore e Giannetta sono sì, rispettivamente, dottore e infermiera, ma finiranno contagiati essi stessi dalla “malattia”: il primo credendosi sergente, la seconda lanciandosi in mosse seduttive... I ragazzi e le ragazze fanno le comparse sulla scena, si muovono con disinvoltura, poi un nutrito altro gruppo si muove in platea, coinvolgendo il pubblico. Alla fine, Marranchelli è entusiasta: «Non abbiamo lavorato molto ore insieme, eppure hanno capito tutto, non hanno sbagliato niente». Conferma un ragazzo, l’unico maschio a recitare tra tante ragazze: «Alle prove, a scuola, mi sembrava tutto oscuro, poi sulla scena tutto è stato chiaro».

Con Bergamo, dopo aver toccato Como (Teatro Sociale) e Milano (Teatro Franco Parenti), Opera it per quest’anno ha concluso il suo viaggio. Una bella soddisfazione per Martina Beria, project manager di Opera Education, che però lamenta: «L’alternanza scuola-lavoro è stata dimezzata, per numero di ore, alle superiori. Eppure rientra tra le prove della maturità…».