sabato 23 novembre 2019

Il musical con i bambini di Mitzi Amoroso: che Cenerentola!




Qualche volta, si sa, noi giornalisti scriviamo sulla fiducia. È successo anche a me la settimana scorsa, intervistando, su Metro di lunedì 18 novembre (leggi qui), Mitzi Amoroso (sotto, la foto di Andrea Polo). Conoscevo la sua storia di cantautrice, poi di fondatrice delle “Mele Verdi” e di vincitrice di Zecchini e Ambrogini d’oro, sapevo anche, e soprattutto, della sigla di Barbapapà fatta con Roberto Vecchioni. Non avevo mai toccato con mano, però, il suo ultimo capolavoro, di cui pure mi accingevo a scrivere: il musical che la grande Mitzi allestisce con i bambini al “Teatro” Wagner, una confortevole e accogliente sala parrocchiale da duecento posti nell’omonima piazza milanese. La signora Mitzi mi pregava, quasi mi supplicava, concedendomi l’intervista: «Sì, d’accordo. Lei però venga a vedere lo spettacolo, me lo prometta!».




L’ho fatto. Promessa mantenuta. Ma questa non è una recensione, una di quelle che Mitzi, come d’ora in avanti, amichevolmente, la chiamerò, pur avendole sempre dato del lei, vorrebbe («In tanti scrivono dei miei spettacoli, ma vorrei tanto che qualcuno li recensisse!»): è solo un resoconto stupefatto. E voglio anticipare il succo: si tratta di uno spettacolo straordinario, diresti professionale, pur calato nella semplicità, nella povertà di mezzi di una saletta parrocchiale. Una messa in scena spartana, però, che ingigantisce ancora più le qualità intrinseche del lavoro, ossia una cura della recitazione strepitosa, coinvolgente, esilarante, e una qualità delle canzoni, e della loro interpretazione, da grande show, che dal primo all’ultimo minuto immagineresti ideale per la televisione. Per la grande televisione. O per il grande teatro musicale dotato di sofisticati mezzi. Uno spettacolo esaltante e commovente.



Anzitutto ricapitoliamo i fondamentali. Mitzi prende un gruppo di ragazzini, età 7-10 e rotti anni, a novembre. Per quasi un anno, un giorno alla settimana, li istruisce. Sono bambini “qualsiasi”, non sono fenomeni predestinati: «Non li scelgo né li seleziono, sia chiaro», precisa. A questi bambini, a questo “materiale umano” (perdonate l’espressione) disomogeneo per caratteri, talenti, personalità, timidezze, lei insegna a recitare e a cantare nello spettacolo di cui lei stessa scrive la sceneggiatura, e Paolo Peroni (che poi è suo figlio, di professione avvocato al Foro di Milano: vedi foto sotto, di Andrea Polo) la musica.



In questo caso si trattava di Chi ha paura della paura?, ossia una rivisitazione di Cenerentola in chiave ancora più comica e leggera. Con qualche contaminazione e qualche libertà. Il principe del ballo è un giuggiolone che pensa solo alle macchinine, e per cui la madre, la regina, dispera di poter trovare una sposa che le dia l’agognato nipotino erede al trono. Ci sono un paio di prestiti: il nano Cucciolo, che fa da voce narrante, una sorta di trait d’union delle varie scene, lo specchio di Biancaneve che quasi si giustifica per aver sbagliato fiaba, e poi gattini, la leprotta, un messaggero stanco…La paura del titolo è il sentimento negativo che Cenerentola deve vincere per decidersi ad andare al ballo dove il principe sceglierà la sua metà. Ma è, in generale, un invito ai bambini «a stringere in mano la propria vita, cominciando a vincere la paura del palcoscenico», come dice Mitzi.

La sala, sabato pomeriggio 23 novembre, era colma, il pubblico entusiasta. «Questo è uno spettacolo senza pretese, ma non è una recita scolastica di fine anno», mi dice Mitzi. Ha ragione, come negarlo? Gli adulti piangono commossi, a grappoli. Non è un’emozione scontata, ma indotta dalla recitazione disinvolta dei bambini, dall’intensità emotiva delle canzoni, davvero bellissime, che i piccoli interpreti cantano in playback (dopo averle incise loro stessi, beninteso).



Ora però questo piccolo, straordinario lavoro sta finendo la sua vita sulle assi del palcoscenico (domenica 24 novembre ore 16 ultima recita della produzione), dopo essere andato in scena per tre weekend consecutivi e aver aiutato Mitzi a raccogliere dei bei soldini per I Sempre Vivi, un’associazione di sostegno ai malati psichici. Mitzi ha un velo di tristezza: «I bambini si divertono un mondo, sono di una bravura emozionante, se fosse solo per loro continuerebbero chissà quanto…e vorrei che uno sponsor mi aiutasse a portare questa produzione su palcoscenici più grandi. Ma ho già in mente il prossimo spettacolo su cui lavorare, per cui sono già cominciate le iscrizioni: sarà su Pollicino e Pollicina e un orco per niente malvagio…».

Hanno fatto una ripresa video, però. Qualcosa resterà. Soprattutto restano, registrate, le canzoni bellissime di Peroni, cantate in modo luminoso e sicuro da questi bambini. Non più bambini “qualsiasi”. Ma artisti senza paura.
E scusate se per una volta non ho parlato di Opera.


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