lunedì 9 dicembre 2019

L'orgoglio di Pereira e Meyer: l'Opera per i bambini



Alexander Pereira e Dominique Meyer hanno un comune orgoglio: l’Opera per bambini. Non lo dico io, lo dicono loro. Pereira, sovrintendente uscente dalla Scala (ed entrante al Maggio fiorentino), è stato intervistato da Pierluigi Panza sul Corriere della Sera di oggi: alla domanda su quale sia stato il suo maggiore orgoglio testualmente risponde che «abbiamo svegliato la città, fatto il progetto di opera per i piccoli che ha portato 380 mila bambini, aumentato il numero di persone venute a teatro…» (vedi, sotto, la foto dell'Elisir per bambini Brescia/Amisano/Scala)




Parole speculari a quelle pronunciate a inizio ottobre da Meyer, che alla Scala invece è sovrintendente entrante. A Fiorella Minervino, che lo intervistava per La Stampa, disse che di una cosa andava fiero, ripensando a mo’ di consuntivo al suo periodo viennese ormai agli sgoccioli: «Essermi occupato parecchio dei bambini. Abbiamo un piccolo teatro con 60 recite annue di un’ora circa e libretti adatti. Non si può parlare sempre di futuro e non coinvolgerli, ai compositori chiediamo ruoli di bimbi nell’opera».






Pereira, intanto, in riva all’Arno porta l’esperienza scaligera delle Grandi Opere per i piccoli. Sono state annunciate, nei giorni scorsi, sei recite dello stesso Elisir d’amore donizettiano con la regia di Grisha Asagaroff che ha incantato il pubblico dei più piccoli alla Scala la scorsa stagione: solo che le scene deliziose di Luigi Perego (vedi sotto la foto di Brescia/Amisano/Teatro alla Scala) saranno modificate: il tram non arriverà più, comprensibilmente, di fronte alla Scala ma di fronte alla Basilica di Santa Maria del Fiore. Questo Elisir andrà ad aggiungersi alla già abbondante produzione per bambini in loco curata da Venti Lucenti.

Sarà interessante capire cosa farà Meyer alla Scala. Troverà un terreno arato, questo è sicuro (Pereira a parte, il Piermarini cominciò a fare opere per bambini negli anni Ottanta, con cartelloni bellissimi sponsorizzati dall’Eni, e del resto funziona da decenni a mille all'ora il Servizio di Promozione Culturale), ma costruito sulla base di “riduzioni” di opere del repertorio tradizionale. Meyer alla Staatsoper di Vienna faceva altro. Tra la sala principale, la Grosses Haus, e l’Agrana Studiobühne (il «piccolo teatro» di cui ha parlato alla Stampa), il sovrintendente scaligero prossimo venturo ha allestito stagioni dal sapore contemporaneo: il cartellone di quest’anno, per fare un esempio, comprende due riprese come Cinderella della baby-fenomena Alma Deutscher (la strepitosa compositrice e violinista 14enne) e Pünktchen un Anton di Ivan Eröd, e una prima assoluta: Persinette di Albin Fries, al debutto il 21 dicembre (vedi sopra l'immagine della locandina). E poi c’è anche una “riduzione”, sì, con l’ormai tradizionale, festosa ripresa del Flauto Magico mozartiano con le scene di Yannis Kokkos:



Si creerà, così, il pubblico del futuro (classica domanda delle cento pistole, direbbe Sandro Paternostro)? Pereira è sempre stato convinto di sì. Lo disse anche a me, quando lo intervistai per Metro (leggi qui), e del resto non c’è un teatro, oggi in Italia, che non dissodi il campo fertile dei più piccoli con iniziative “educational” variamente declinate. L’esperienza di Aslico-Opera Domani, la più longeva, attorniata dalla produzione di “concorrenti” come Europa InCanto o Venti Lucenti, aiuta poi a comporre un quadro vasto a livello nazionale. Circa l’efficacia di tutte queste iniziative nel creare il "pubblico di domani" c’è solo da incrociare le dita. Un effetto positivo, ad ogni modo, l'hanno di sicuro, e del resto sono necessarie come il pane: la scuola, dopo la terza media, non fa nulla, e questo è gravissimo.

Gli esperti paiono talvolta divisi. All’ottimismo di un grande didatta come Carlo Delfrati, che del progetto di Opera Domani è stato curatore fin dai primordi, fa da contraltare lo scetticismo di un critico come Giorgio Pestelli, che su La Stampa dell’ottobre 2018, recensendo il Trovatore che aveva inaugurato il Regio di Torino, scrisse: «Si parla di un invito ai giovani, ma come il melodramma più tradizionale possa attirarli resta una sfida di prima categoria (io da giovane detestavo l’opera)».






Nessun commento:

Posta un commento